Cessione del quinto: il ruolo del datore di lavoro
La cessione del quinto dello stipendio rappresenta una formula di prestito molto apprezzata. Il motivo di tale favore e della diffusione che ne è conseguita, va rintracciato nella capacità di rispondere alle aspettative tanto dei finanziatori quanto dei finanziati.
Le banche e gli istituti di credito, grazie al particolare meccanismo che sta alla base, sono al riparo dal rischio insolvenza (il pagamento della rata è svincolato dalla volontà del debitore, la cui busta paga è soggetta a detrazione). I debitori possono invece accedere al credito anche se cattivi pagatori o protestati, proprio in virtù della maggiore percezione di sicurezza che coinvolge chi eroga il prestito.
La cessione del quinto, però, è caratterizzato da un equilibrio che potrebbe apparire precario. Questo equilibrio si regge sull’azione del datore di lavoro. Il ruolo che ricopre è infatti assai importante: è lui a erogare il pagamento, ed è lui a gestire la detrazione della rata dalla busta paga del lavoratore-debitore.
Finché il rapporto di lavoro prosegue senza intoppi il rimborso non incontra difficoltà di sorta. Cosa succede se il datore di lavoro, per una ragione o per un’altra, smette di essere tale? La questione infatti si complica in caso di cessione del quinto cambio datore di lavoro.
Cessione del quinto dello stipendio datore di lavoro: cosa succede se cambia
Il datore di lavoro smette di essere tale quando il lavoratore viene licenziato o presenta le dimissioni. In questo caso, la banca si avvale di un diritto particolare e che le consente di recuperare la somma prestata. Un diritto che va nettamente contro gli interessi del debitore.
In breve, la banca che ha concesso il finanziamento per mezzo della cessione del quinto può abbondantemente rifarsi sul Tfr, ossia sul Trattamento di Fine Rapporto, il “gruzzolo” che viene accantonato mese dopo mese e che comporrà la liquidazione che il lavoratore riceverà quando andrà in pensione.
La banca può coprire la somma prestata prendendo ufficialmente e legalmente possesso del Tfr. Già di per sé questo rappresenta un problema, dal momento che il lavoratore viene privato della sua futura liquidazione.
Eppure c’è di peggio. La cessione del quinto cambio datore di lavoro compromette il Tfr, ma cosa succede se il Tfr non è sufficiente a coprire il debito residuo? In questo caso, cambiano gli attori in gioco. La banca recupera la somma attraverso l’assicurazione, e l’assicurazione si rifà poi sul debitore. Questa può pignorare la pensione e gli stipendi futuri, a prescindere dall’entità della busta paga o del cedolino della pensione stessa.
Insomma, possiamo concludere che la cessione del quinto è una formula di finanziamento molto conveniente, ma che le conseguenze in caso di licenziamento possono essere anche molto gravi.